Duro attacco del presidente Paolo Mangini del Crt che ha voluto esprimere il suo pensiero critico in merito alla nuova legge sullo sport approvata in questi giorni.
Ritengo che la riforma della Legge sullo sport sia stata affrontata in modo ideologico e populista, in particolare per alcuni aspetti come quello del vincolo sportivo e dei lavoratori sportivi.
Una riforma che invece avrebbe avuto bisogno, da parte di chi l’ha scritta, di una maggiore conoscenza del variegato sistema sportivo e di confronto vero con le realtà territoriali che sopportano in gran parte l’onere di tutta l’attività di base.
Ironizzando, anche se non ci sarebbe assolutamente niente da ridere, anzi, potrei dire che questo è “l’anno buono” per emanare una riforma dello sport che penalizza in modo massiccio le nostre società, come quelle di altre discipline sportive dilettantistiche. Dopo le nefaste conseguenze della pandemia, che ancora non sappiamo bene quantificare, ci volevano anche queste norme che aumentano i costi a carico delle società, già fortemente gravate di numerose incombenze economiche e amministrative, e ne stravolgono completamente tutta l’attività di sviluppo e di formazione verso i settori giovanili.
Mi pare che la legge abbia pensato esclusivamente ai fruitori dell’attività (atleti, “lavoratori” sportivi) piuttosto che alla sopravvivenza e ai supporti per le società sportive, delle quali non si fa menzione e senza le quali, come affermato giustamente dal Presidente Sibilia, non esisterebbero nè atleti nè lavoratori.
Considerato che l’abolizione dell’attuale normativa del vincolo e le tutele del lavoro sportivo entreranno in vigore dal 1 luglio 2022, l’auspicio è quello che questo “differimento” temporale (che il prossimo decreto su “ristori” potrebbe allungare ancora di più dei 18 mesi previsti) possa essere utile per raccogliere ancora una volta le preoccupazioni di tutte le federazioni sportive e degli altri organismi e avere la possibilità di inserire alcuni accorgimenti che possano tutelare maggiormente le società. Oppure, per esempio, definire in modo chiaro la distinzione fra “lavoratore sportivo” e “prestazioni amatoriali” svolte dal volontariato.
Al di la, comunque, di tanti bei discorsi, di cui onestamente ne facciamo volentieri a meno, ora è necessario che tutti coloro che per compito istituzionale hanno la possibilità di intervenire, lo facciano al più presto.
Non possiamo accettare, passivamente, che per decreto si possa destabilizzare un intero sistema sportivo costituito da migliaia di società che grazie all’opera di tanti volontari svolgono un ruolo fondamentale per quanto riguarda la formazione, non solo sportiva, di migliaia di giovani, promuovendo importanti valori morali e civili, e che possono essere considerate delle vere e proprie agenzie educative sul territorio, dei “presidi sociali”.
Paolo Mangini
Presidente Comitato Regionale Toscana Lega Nazionale Dilettanti