Livorno, ridotta la squalifca a Vantaggiato e Igor Protti

Il giudice sportico ha emesso poco fa la sentenza sul ricorso presentato dall’Unione Sportiva Livorno 1915 riguardo alle squalifiche di Daniele Vantaggiato e Igor Protti, riducendo a entrambi la sanzione. Di fatto, sia Vantaggiato che Igor Protti potranno tornare rispettivamente in campo e in panchina dalla seconda giornata di ritorno in casa del Fucecchio, in programma il 9 gennaio 2022.

Questo il testo della sentenza contenuto nel comunicato ufficiale diramato dal Comitato Regionale Toscano della Lega Nazionale Dilettanti:

“20 stagione sportiva 2021/2022 Oggetto: Reclamo della società Unione Sportiva Livorno 2015 avverso
l’inibizione del Dirigente Protti Igor fino al 4 febbraio 2022 e la squalifica del calciatore Vantaggiato Daniele fino
al 4 marzo 2022 (C.U. n. 32 del 4/10/2021).

L’Unione Sportiva Livorno 2015, con rituale e tempestivo gravame, correttamente preannunciato nei termini, adiva
questa Corte Sportiva d’Appello Territoriale contestando la decisione del G.S.T., adottata nei confronti dei tesserati
sopra identificati, con riferimento a quanto avvenuto nel corso dell’incontro esterno disputato, in data 31/10/2021, contro
la Società Fratres Perignano 2019.
Il G.S.T. motivava così le proprie decisioni:
Protti Igor inibizione fino al 4 febbraio 2022 “Dirigente non indicato nella distinta di gara, accedeva indebitamente e
ripetutamente al recinto spogliatoi rivolgendo al D.G. frasi irriguardose. Di poi, non autorizzato, entrava nello spogliatoio
arbitrale palesando dissenso sull’operato arbitrale.”
Vantaggiato Daniele fino al 4 marzo 2022 “Espulso per somma di ammonizioni, dopo la notifica spingeva un proprio
compagno di squadra contro il D.G., facendolo arretrare di circa 1 mt, senza provocagli alcuna conseguenza lesiva.
Uscendo dal terreno di gioco offendeva e minacciava l’arbitro. Sanzione aggravata in quanto capitano”.
La società, nelle sedici pagine di reclamo, pur ammettendo il fatto storico, contesta che il dirigente avesse pronunciato la
parola “vergognati” e rileva che il medesimo si trovasse in una zona comune adibita a parcheggio, zona comune
attraverso la quale la terna doveva transitare per raggiungere gli spogliatoi.
Eccepisce la non corretta motivazione criticando, parola per parola, tutta la motivazione del D.G. in quanto il rapporto di
gara evidenzia che l’accesso “indebito e ripetuto” si sarebbe verificato in due sole occasioni (inizio e fine gara) e, anche
a voler in via ipotetica dare credibilità al narrato del D.G., sarebbe stata pronunciata una sola parola irriguardosa.
Segnala l’eccessività della sanzione irrogata in quanto la condotta irriguardosa stabilisce, ex art. 32, la sanzione base di
un mese senza che siano state considerate le attenuanti del caso ed al netto di una carente motivazione.
Il dirigente infatti, avrebbe raggiunto successivamente il D.G. negli spogliatoi per scusarsi pur rilevando ancora una volta
un cattivo arbitraggio.
Ritiene, tuttavia, che detto complessivo comportamento non possa giustificare una sanzione di simile entità pari al triplo
di quella base e produce una serie di decisioni di ambito professionistico a sostegno della ipotetica abnormità della
sanzione.
Per quanto attiene poi la posizione del giocatore Vantaggiato la difesa produce un video che attesterebbe una differente
dinamica dei fatti nella quale il contatto con un compagno di squadra avrebbe fatto perdere l’equilibrio ad un terzo
calciatore che, in ogni caso, non sarebbe mai giunto a toccare l’arbitro.
Tale ricostruzione sarebbe confortata inoltre dalla dichiarazione scritta di un giocatore della squadra, diretto spettatore e
protagonista del fatto in quanto si tratterrebbe proprio dell’ultimo giocatore coinvolto nella “carambola”. In ogni caso la condotta sarebbe stata unica (ai fini della continuazione), in un momento di concitazione agonistica e non
vi sarebbe stata nessuna conseguenza fisica per il D.G..
Sottolineando l’inesistenza di un’aggravante codificata che comporti aumenti per la figura del Capitano segnala, anche
in questo caso, l’abnormità della squalifica la quale, ex art. 36 C.G.S., avrebbe dovuto essere contenuta in quattro
giornate.
Cita, a tal proposito, giurisprudenza sportiva conforme, di ambito sia professionistico che dilettantistico e sottolinea che il
giocatore si scusa nel corpo del reclamo per il suo comportamento fuori luogo.
Per quanto sopra esposto, gli impugnanti chiedono di ridurre sia l’inibizione che la squalifica nei minimi stabiliti dal
codice o, in via subordinata, nella misura di giustizia.
In via istruttoria chiedono l’audizione diretta del D.G. – anche per confermare l’inesistenza del termine “vergognati” nelle
parole pronunciate dal Dirigente e del presunto contatto contestato al giocatore – oltre all’ammissione del Video prodotto
e alla dichiarazione del giocatore del Livorno Giuseppe Torromino.
All’udienza del 26 novembre 2021 – dopo la decisione della Corte di non ammettere i citati mezzi istruttori e dopo aver
avuto lettura del supplemento arbitrale – venivano ascoltati i difensori delle parti oltre al dirigente e al Presidente della
società.
Gli stessi si richiamavano al reclamo depositato e, segnalando la conformità delle dichiarazioni inserite nel supplemento
con i rilievi avanzati nell’atto introduttivo, lamentavano una motivazione insufficiente da parte del G.S..
In particolare il dirigente Protti riferiva una vicenda parzialmente difforme dichiarandosi comunque dispiaciuto
dell’incomprensione.
Il reclamo può essere parzialmente accolto.
Per quanto riguarda l’invocata ammissione della prova video il Codice di Giustizia Sportiva all’art. 58 titolato “Mezzi
audiovisivi”stabilisce che:
“1. I mezzi di prova audiovisivi possono essere utilizzati nel procedimento innanzi agli organi di giustizia sportiva nei casi
previsti dall’ordinamento federale.
2. Le riprese televisive o i filmati di operatori ufficiali dell’evento concessionari della Federazione o delle Leghe o titolari
di accordi di ritrasmissione possono essere acquisiti d’ufficio dal giudice o su istanza di un soggetto interessato laddove
ritenute dal giudice stesso utili ai fini della decisione.
3. L’organo giudicante può, tramite l’ausilio della consulenza tecnica di un esperto, verificare che il materiale audiovisivo
non sia stato oggetto di manomissione o, se opportuno ai fini probatori, procedere, sentite le parti, ad una sua
elaborazione per migliorarne la qualità e la definizione.
4. L’organo giudicante dichiara inammissibile il materiale audiovisivo oggetto di manomissione e rinnova il contraddittorio
dopo l’eventuale elaborazione tecnica prevista al comma 3.”
Il concetto viene sviluppato nel successivo articolo 61 che però limita la sua operatività esclusivamente ai “Mezzi di
prova e formalità procedurali nei procedimenti relativi alle infrazioni connesse allo svolgimento delle gare”.
Dunque non vi è alcuno “spazio” normativo che consenta l’ingresso, a fini probatori, per video riprese diverse da quelle
degli operatori ufficiali.
La giurisprudenza evidenziata sul punto (decisione 56/2018 del Collegio di garanzia Coni) nel reclamo a sostegno
dell’ammissibilità non elide certamente la consolidata posizione della giustizia sportiva federale anche perché sembra
riferirsi ad una partita di serie B nella quale, in ragione dei diritti televisivi annualmente ceduti, esistono certamente
riprese televisive o filmati di operatori ufficiali preventivamente autorizzate dalla stessa FIGC e quindi ipoteticamente
utilizzabili.
Ben diversa sarebbe la situazione in ambito dilettantistico.
Anche sull’inserimento della dichiarazione testimoniale sottoscritta questa Corte Sportiva d’Appello Territoriale ritiene di
non potere ammettere la stessa precisando che le Carte Federali regolamentano in modo preciso il mezzo istruttorio
della testimonianza nell’art. 60 del Codice di Giustizia Sportiva che la consente solo “[…] quando, dal materiale acquisito,
emerga la necessità di provvedere in tal senso.”
Inoltre la stessa norma impone una serie di stringenti regole procedurali (la testimonianza deve avvenire in udienza,
previo idoneo ammonimento sulle possibili conseguenze, con domande rivolte solo dall’organo giudicante, ecc.) atte a
garantire la regolarità dell’assunzione del mezzo istruttorio.
E’ evidente che tale stringente regolamentazione – sia della fase di ammissione (subordinata ad una valutazione di
“necessità” nel caso concreto non ravvisabile) che di quella di acquisizione della prova testimoniale – non può essere
“aggirata” con deposizioni scritte che consentirebbe di introdurre (sotto forma di documenti) illegittime dichiarazioni
testimoniali nel fascicolo del giudizio sportivo in deroga alle disposizioni generali.
Pertanto, la stessa, deve essere dichiarata inammissibile. Occorre inoltre rilevare che il procedimento sportivo si caratterizza principalmente per la sua esigenza di rapida
definizione e sottolineare che talvolta i suoi obiettivi di celerità ed efficacia, che semplificano e snelliscono la fase
processuale possono parzialmente contrastare e comprimere i diritti dei singoli tesserati i quali non avranno mai le
garanzie ad esempio connesse al procedimento penale di ambito statale.
Sono gli stessi atleti infatti che, con la loro affiliazione, si assoggettano alle singole Federazioni di appartenenza e le
legittimano pertanto a stabilire, con appositi regolamenti, da un lato le norme comportamentali dall’altro i sistemi di
accertamento ed applicazione delle relative sanzioni determinando così l’operatività del sistema che, lo si ribadisce,
mantiene la sua efficacia con particolare riferimento alla velocità di accertamento.
Secondo tale lettura appare ancora più pregnante il carattere di validità probatoria che al rapporto di gara assegna l’art.
61 C.G.S. la cui applicazione avviene sulla base di un procedimento istruttorio che non si limita all’esame del rapporto di
gara ma viene normalmente integrato da un supplemento redatto ed ancorato alle eccezioni di parte ricorrente
giungendo, solo talvolta quando ritenuto necessario, all’audizione del D.G.
Appare dunque determinante il quadro fornito dal D.G. sia con il suo rapporto sia, nel rispetto delle Carte Federali che
conferiscono a tale narrazione valore privilegiato, con riferimento al supplemento espressamente richiesto da
quest’organo giudicante ed allegato in atti.
Nello stesso il D.G. conferma quanto precedentemente dedotto – ribadendo di avere sentito la parola offensiva e di
avere subito un contatto a causa della spinta indiretta del giocatore Vantaggiato – ma precisa che il dirigente lo avrebbe
raggiunto nel suo spogliatoio per iterare le critiche ma anche per scusarsi del suo comportamento.
Poiché le norme stabiliscono che debba esserci una precisa separazione tra le aree di pertinenza degli atleti e quelle del
pubblico il dirigente si trovava evidentemente in una zona che il regolamento impone sia interdetta all’ingresso degli
estranei; non è infatti logico ritenere che per uscire dal campo ed arrivare agli spogliatoi la terna ed i giocatori possano
essere esposti ad un contatto con estranei, non presenti in distinta di gara, in quanto costretti a transitare in una zona
non interdetta. Nell’area preclusa il dirigente ha certamente sostato in almeno tre occasioni: inizio gara, termine gara e
infine per scusarsi con il D.G..
Dunque, per quanto concerne la posizione del dirigente appare dimostrato sia il suo ingresso indebito che il
comportamento irriguardoso.
Anche la condotta del giocatore Vantaggiato risulta confermata dal supplemento che attesta la sussistenza di una spinta
intenzionale al compagno con un leggerissimo contatto senza conseguenze.
La Corte osserva che il G.S. ha, contrariamente a quanto asserito da parte reclamante, correttamente ed
adeguatamente individuato le condotte illegittime per entrambi i tesserati
Si rammenta che i limiti edittali contenuti nell’art. 36 C.G.S. vengono esclusivamente individuati nei minimi imposti dalla
norma e che molto spesso anche le mere condotte irriguardose assumono consistenze tali da dover essere sanzionate
in modo severo senza che che ciò imponga al Giudice di prime cure null’altro che la mera descrizione dei fatti. Applicare
al dovere di motivare i provvedimenti (i quali, per le ragioni sopra esposte di economicità in ambito di giustizia sportiva,
devono necessariamente essere redatti in modo sintetico e chiaro) una progressività geometrica ancorata al
superamento degli ipotetici limiti minimi non appare rispondere a nessuna garanzia di effettiva difesa.
A tal proposito la Corte, lungi dal voler limitare i rispettivi diritti di difesa, invita anche le parti reclamanti a voler adeguare
i loro legittimi rilievi, sia nella redazione del ricorso che nell’esposizione in udienza, seguendo quei principi di sinteticità e
celerità che effettivamente caratterizzano il procedimento sportivo differenziandolo macroscopicamente dal mondo
giudiziario statale in modo da consentire la loro rappresentanza giudiziale nel rispetto degli spazi degli altri soggetti
impugnanti.
La puntualizzazione degli elementi di doglianza consentirebbe di orientare meglio anche le risposte alle delibere
specialmente nei casi, come quello sub judicio, in cui si è in presenza di elementi oggettivi idonei a modificare
efficacemente la sanzione impugnata.
Ad esempio non dovrebbe essere necessario replicare per la mancata codificazione dell’aggravante del ruolo di
capitano – la cui applicazione in ambito sportivo da sempre onera maggiormente il titolare della fascia nell’ottemperanza
di quelle regole di lealtà e correttezza prescritte dal codice (anche con riguardo all’esempio fornito alla squadra) – in
quanto tale fattispecie ben può essere iscritta e collocata all’interno dell’art. 14 punto 1 lettera a) C.G.S. che opera
quando la violazione venga commessa “con abuso di potere o violazione dei doveri derivanti o conseguenti all’esercizio
delle funzioni proprie del colpevole”.
Il reclamo trova, invece, piena efficacia in tre specifici punti e cioè la mancata applicazione dell’attenuante con
riferimento alla posizione del dirigente, la dinamica della spinta a carico del giocatore e l’eccessività delle squalifiche
comminate.
Per quanto attiene alla prima doglianza essa non emergeva dal rapporto di gara ed è stata evidenziata solo nel reclamo,
trovando conferma nel supplemento; dunque, la puntiforme condotta oltraggiosa, anche se condita da critiche
intempestive che non assumono però mai il valore di “condotta irriguardosa”, sommata all’indebito ingresso in una zona riservata, deve essere adeguatamente mitigata dalla resipiscenza espressa nell’immediatezza dei fatti dal dirigente e
ribadita in presenza nel corso dell’udienza.
Tale diminuzione non può però essere applicata al giocatore Vantaggiato in quanto, poiché tardivamente segnalata solo
all’interno del reclamo, potrebbe apparire meramente strumentale ad una possibile diminuzione. Purtuttavia, la Corte
rileva che effettivamente non possa ravvisarsi nell’azione complessiva, con almeno una, se non due “carambole”,
quell’intensità del dolo atta a sostenere un comportamento irriguardoso di grande valenza (esclusa ovviamente ogni
ipotesi lesiva).
I perimetri smarginati della condotta, anche nel racconto del D.G., introducono concreti dubbi sulla reale percezione
dell’accaduto e appare singolare che il giocatore abbia inteso attuarla nel pericolo che potesse venire sanzionato solo il
compagno di squadra effettivamente entrato in contatto con l’arbitro. Al comportamento aggressivo, che appare dunque
evanescente e di scarsa portata lesiva, devono essere sommate le indubbie responsabilità connesse alle parole
profferite ed all’aggravante contestata

P.Q.M.

La Corte Sportiva d’Appello Territoriale accoglie il reclamo e riduce l’inibizione comminata al dirigente Protti Igor fino al
19 dicembre 2021 (anziché fino al 4 febbraio 2022) e la squalifica del calciatore Vantaggiato Daniele fino al 4 gennaio
2022 (anziché fino al 4 marzo 2022) disponendo la restituzione della relativa tassa.


Il Segretario Il Presidente Giudice relatore ed Estensore
(Coli Renzo) (Carmine Compagnini) (Pietro Villari)
Delibera depositata in data 30/11/2021 e registrata, sotto la medesima data, al n.20.del Registro protocollo generale
della C.S.A.T. della Toscana

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